RIVISTA DI STUDI ITALIANI | |
Anno XXII , n° 2, Dicembre 2004 ( Contributi ) | pag. 66-84 |
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GLOSSE NEO-ALESSANDRINE NEI POEMI CONVIVIALI | |
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GABRIELE DI GIAMMARINO | |
Roma | |
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1) Il linguaggio del Pascoli tra suggestioni antiche e moderne L'esasperata raffinatezza del gusto estetico e la ricerca di parole elette e di uno stile elaborato, che contraddistinsero la poesia ellenistica, si designano come alessandrinismo dal nome dell'antico centro culturale di Alessandria, dove fioriva tale indirizzo, pertanto non è arbitrario definire neo-alessandrine alcune voci della poesia italiana, a cavallo tra Otto e Novecento, che del culto di una dotta terminologia fecero il loro punto di forza. Qui mi riferisco soprattutto alla squisitezza e alla particolarità di molti vocaboli presenti nei Poemi conviviali che il Pascoli iniziò a pubblicare sul Convito dal 1895 e raccolse in edizione definitiva nel 1905; poco prima, con la data fittizia del 1904 - ma quella vera è del 1903 - presso Treves di Milano era uscito l'Alcyone del D'Annunzio, caratterizzato da analoghe scelte linguistiche. I termini arcaici, rari, settoriali, o in qualche modo legati ad aree circoscritte, a usanze regionali e a particolari funzioni erano chiamati dai grammatici alessandrini "glosse"; successivamente la nota di chiarimento che di essi si dava fu ugualmente designata, per estensione semantica, con la parola glossa. Il vocabolo è passato in quest'ultima accezione al latino (Varrone, Ausonio, ecc.) e di qui all'italiano, anche nella forma derivata di "chiosa", con il valore di spiegazione di una parola o di un passo oscuro, come già lo si trova in Bartolomeo da San Concordio (1347 ca) e nei Proverbi pseudoiacoponici: "Ov'è plana la littera / non fare oscura glosa". Tuttavia l'originario significato di glossa come vocabolo raro e difficile, che vive ancora nell'italiano, sarà specificamente seguito nel corso di queste osservazioni. |
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