RIVISTA DI STUDI ITALIANI | |
Anno XXII , n° 2, Dicembre 2004 ( Contributi ) | pag. 121-140 |
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CURA DEL SÉ NELLO STATO DI ECCEZIONE: LA TREGUA DI PRIMO LEVI |
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GIUSEPPE MARIA TOSI | |
Georgetown University, Washington, D. C. |
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1. Non tutti sono amici. Noi giacevamo in un mondo di morti e di larve. L'ultima traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L'opera di bestializzazione, intrapresa dai tedeschi trionfanti, era stata portata a compimento dai tedeschi disfatti. (T 152)1 È il 26 gennaio 1945, il giorno prima dell'arrivo dei russi al campo di sterminio di Auschwitz2. Nel chiuso della sua baracca, e per tutti i giorni seguenti, Primo Levi e i suoi giovani amici francesi lavorano per restaurare un simulacro di umanità, cercando istintivamente il da fare allo scopo di eludere il vuoto del tempo perché, come avrebbe scritto più tardi, di fronte alla libertà ci sentivamo smarriti, svuotati, atrofizzati, disadattati alla nostra parte. Il lento, difficile, insperato ritorno alla libertà, si compie nel segno di un fare che è un processo di riabilitazione alla vita, opera di reinvenzione dell'esistenza e di riconciliazione con la propria umanità3. Paradossalmente, mentre ancora l'insegna derisoria di quell'Arbeit Macht Frei campeggia all'ingresso del campo, la soglia oltre la quale si era compiuta la distruzione degli ebrei d'Europa, ora un nuovo senso di operosità dei sopravvissuti diagnostica i primi sintomi del ricovero. È l'inizio de La Tregua. |
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