In una lettera ad Antonio Seripando del 1521 il Sannazaro,
alludendo probabilmente alla composizione del De partu
Virginis, afferma: "Son più di trenta octo anni che non fo altro
se non questa manera di indagine, né credo haver fatto cosa che
non l'habbia observata in buoni autori". Conscio di aver affrontato
"un tema irto di difficoltà e di pericoli", come annotano il Fantazzi e il
Perosa nella Storia del testo premessa all'edizione
critica, il poeta ritiene frutto di "inconsulta iuventu" la scelta di dar
voce a quelle che il Canteo (nella Canzone X, vv. 75-7) definì le
"alme Muse evangeliche".