RIVISTA DI STUDI ITALIANI | |
Anno XXI , n° 2, Dicembre 2003 ( Contributi ) | pag. 79-103 |
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LEGGEREZZA, SCRITTURA E METAMORFOSI NE LE COSMICOMICHE VECCHIE E NUOVE* |
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ROCCO CAPOZZI | |
University of Toronto, Toronto, Ontario |
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Gli anni '60 per quanto siano stati tra i più produttivi nell'opera di Italo Calvino, sono stati anche gli anni che hanno visto la critica italiana divisa sulla questione dell'impegno dell'autore e sulla coerenza della produzione narrativa che fa seguito a Una giornata di uno scrutatore (1963). Ciononostante, al cospetto di opere quali Le cosmicomiche (1965), Le città invisibili (1972), e Il castello dei destini incrociati (1973) c'è da chiedersi se effettivamente siamo davanti ad un Calvino troppo parigino o forse troppo legato allo sperimentalismo e alla neoavanguardia e quindi forse un po' troppo strutturalista e sempre meno engagé. Nell'insieme questi sono alcuni dei dubbi e delle osservazioni di coloro che parlano, e non sempre in termini positivi di un "nuovo Calvino". La novità più vistosa, in genere, sarebbe quella di un autore che Frederick Jameson potrebbe accusare di essere rimasto intrappolato in "the prison house of language"1 -- e cioè diventato schiavo delle nuove teorie critico-letterarie-linguistiche che abbracciano troppo facilmente lo strutturalismo più in voga in quell'epoca. Più recentemente si è notato come una delle più autorevoli voci della nuova critica italiana, Carla Benedetti, sia ancora di questo parere -- si vedano i commenti in Pasolini contro Calvino (1988) e L'ombra lunga dell'autore (1999). |
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