RIVISTA DI STUDI ITALIANI | |
Anno XXV , n° 1, Giugno 2007 ( Contributi ) | pag. 1-7 |
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EDMONDO DE AMICIS: INTERVISTA A FOLCO PORTINARI* |
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RENZO RICCHI | |
Firenze | |
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Edmondo De Amicis: uno scrittore che fu molto noto a intere generazioni, soprattutto per il suo libro più famoso, Cuore, ma che da qualche anno è stato quasi dimenticato. Eppure egli continua a rappresentare, per molti studiosi, un fenomeno culturale con cui vanno fatti i conti se si vuole affrontare criticamente, e nel suo complesso, la questione della letteratura italiana del quarantennio a cavallo tra Ottocento e Novecento. De Amicis fu uno scrittore molto prolifico: romanzi, racconti, libri di viaggi, attività giornalistica. Nella narrativa, il suo metodo consisteva nel concentrare una storia di senso universale nel cerchio di un microcosmo metonimico. Abile ritrattista di figurine, dotato di un forte gusto del colore e dei dettagli e di una notevole abilità descrittiva, di idee socialiste (aveva aderito al Partito socialista nel 1892), era molto attento e molto sensibile a fenomeni sociali come i conflitti di classe, i problemi del proletariato urbano, l'emigrazione, l'analfabetismo (nel nostro Paese gli analfabeti erano il 90 per cento e gli italofoni il 10), l'alcolismo (male sociale che colpiva soprattutto i ceti meno abbienti e che ne determinava, in parte, l'abbrutimento); ed era contrario a costumi come la divisione, a scuola, tra maschi e femmine, all'autoritarismo sia a scuola che a casa. Per lui la scrittura doveva essere sostenuta da un'alta idealità di fondo ed essere usata come un servizio educativo della comunità. Per questo considerava la pedagogia e la scuola (quest'ultima anche nelle sue articolazioni di scuole serali e di scuole operaie) centrali per la formazione civile e culturale dei cittadini nell'Italia postunitaria. La scuola, in particolare, occupa un posto di primo piano nei suoi libri. Si poneva, di conseguenza, il problema della lingua e del suo ruolo nella società del suo tempo. In generale si può dire che considerava gli esseri umani più infelici che malvagi e per questo si appellava a un sentimento di pietà per tutti e di laica solidarietà. Naturalmente non gli sono mancate le critiche. Tra l'altro, di un eccesso di sentimentalismo e di patetismo; e di una distinzione troppo netta e semplificata, nelle sue opere, tra il bene e il male, tra i buoni e i cattivi. Alla sua morte avvenuta l'11 marzo gli furono dedicate due celebrazioni. Il giorno dopo lo commemorò Giovanni Pascoli prima della lezione universitaria (il Pascoli lo commemorò anche successivamente con una breve prosa); inoltre il 14 marzo uscì un curioso necrologio sul foglietto socialista La Lima, a firma di Benito Mussolini, direttore del giornale. A cento anni dalla morte, cosa resta, oggi, di questo scrittore? Cosa ha rappresentato e rappresenta nella nostra letteratura? Ne parliamo con Folco Portinari. |
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